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El nost Milan - 1955-56

autore: Carlo Bertolazzi
regia: Giorgio Strehler
scene: Luciano Damiani
costumi: Ebe Colciaghi
musiche: Fiorenzo Carpi
    


Appunti di regia dello spettacolo El nost Milan - prima edizione

Note di regia della prima edizione del testo El nost Milan nelle quali i riferimenti sono pių attinenti l'opera di Bertolazzi in generale.

EL NOST MILAN (la povera gent)

Edizione 1955

 

 

Cronologicamente El nost Milan (1893) occupa nella produzione di Bertolazzi uno dei primissimi posti. Succede alle giovanili “scene della vita” pubblicate in Preludio e ne è come la prosecuzione e la conclusione. Ma se fra i quattro testi di Preludio (Ona scena della vita, I benis de spos, In verzee, Al mont de Pietaa) e la più vasta opera successiva intercorrono delle relazioni filologiche innegabili, più sottile e meno appariscente è il filo espressivo che dalle sperimentazioni di Preludio conduce a El nost Milan. Tecnicamente, l’opera è costruita secondo la maniera adottata in precedenza dall’autore; Bertolazzi la dichiara “commedia in quattro atti”, poi, ad apertura di pagina, si scopre che i quattro atti sono quattro scene giustapposte, collegate soltanto da una tenue vicenda  che vi si dipana a scatti brevi e secchi: la storia di Nina, della sua soggezione a Carloeu detto il Togass esponente della malavita milanese, e della uccisione di Carloeu da parte del padre di lei.

Dal punto di vista espressivo, dicevamo, le cose cambiano assai. La necessità di dare vita psicologica ad un corpo estraneo insinuato in un ambiente che pare mosso soltanto da ragioni fisiche e fisiologiche costringe Bertolazzi a trovare un livello medio di teatralità e a riscattare, pertanto, le ingenuità coloristiche e macchiettistiche che costituivano i difetti più evidenti delle scene staccate pubblicate in Preludio. L’ambiente si anima, i suoni diventano voci, le ombre figure; i personaggi che operano sullo sfondo acquistano una fisionomia individuabile. Mescolandosi alla vicenda principale, le loro storie ne traggono echi e sonorità nuove, profondità e moralità impreviste.

Ne risulta una storia popolare di stampo portiano, corrosiva ed amara, dove le classi popolari milanesi non si agitano più come elementi generici di una scenografia inevitabile, ma diventano protagoniste di un dramma le cui cause, vicine e lontane, cominciano a delinearsi non più soltanto come  castighi divini, pestilenze e simili. Tutto questo con una chiarezza molto relativa. La caratteristica principale dell’opera, del resto, consiste proprio in questo baluginio di verità non ancora chiare; baluginio che si esprime attraverso una continua forzatura del senso delle parole, dei discorsi, delle accuse, una ricorrente impuntatura dei sentimenti e delle passioni che non riescono a mantenersi  dentro la linea del dialetto e cercano, nei gesti e nelle cose, nuovi simboli espressivi.

E’ un dramma a mezza voce, El nost Milan, un dramma continuamente rimandato e rimuginato e rideciso e riaccantonato, che si compone in una linea grigia che ha i sobbalzi di una miccia. E forse per questo le poche grida decisive di Nina e di suo padre vi assumono un rilevo tragico.

 

 

 

 

 

 

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